dipinto di Damo il principe indiano bodidharma, fondatore del buddismo ChanIl principe Siddhartha (565-486 a.C.), figlio del re indiano Suddhodana, fu colui che si dedicò ad una vita spirituale nel tentativo di mettere fine a quelle cause che sono all’origine della sofferenza umana e dell’ infinito ciclo di nascita e morte.
Rifiutando in gran parte la ritualità, le credenze e le speculazioni di ogni genere della religione del suo tempo, si era rivolto alla ricerca di una percezione sottile, una sorta di sottile intuizione, che gli mostrasse chiaramente la natura ultima delle cose.
Siddhartha considerò il desiderio e la bramosia delle cose la causa primaria del dolore dell’ uomo: il desiderio trova origine in una mente che non è in grado di cogliere il mondo fenomenico per ciò che realmente è.
Per lui la meditazione fu il veicolo principale per liberarsi da una mente illusoria, creatrice di miraggi.
Praticando la meditazione con risolutezza raggiunse l’ illuminazione (Bodhi) diventando così un Buddha (Risvegliato: nel senso di ridestato dal comune stato di coscienza illusoria).
Il Buddha riuscì ad oltrepassare le definizioni fenomeniche dettate da una mente riduttiva e potè così vedere la realtà per quello che realmente è, situandosi oltre i concetti di essere e non essere, vita e morte, creazione e distruzione.
Ai suoi occhi ogni singolo fenomeno risulta vuoto (Sunyata) di un’ esistenza a sè stante dal resto dell’ universo, e di conseguenza un meraviglioso ed indefinibile processo in atto.
Raggiunta tale illuminazione, ogni sorta di dualismo è dissolta e ciò mette fine ad odio ed attaccamento, le cause stesse del dolore e delle continue rinascite.
Siddhartha si dedicò alla predicazione della dottrina, riassumendone le basi nelle Quattro Nobili Verità e nell’ Ottuplice Sentiero.
Fra i numerosissimi seguaci, Siddhartha teneva in gran conto coloro che, ridestati alla coscienza di Budda, dedicavano tutte le proprie energie nell’ aiutare tutti gli esseri senzienti a cercare l’ illuminazione dentro se stessi ed ad alleviarne ogni sorta di sofferenza.
Tale persona, completamente libera da ogni concetto di sè, viene definita, nel Buddismo, Bodhisatva, cioè un essere pienamente illuminato.
Tra coloro che riuscirono a cogliere i più alti significati della dottrina del Buddha vi fu Maahasiapa.
Il pensiero di quest’ ultimo, attraverso una linea ininterrotta di trasmissione, arrivò in Cina tramite Da Mo considerato, come abbiamo già detto, il 28° patriarca del buddismo Mahayana.
Tale personaggio dopo una serie di vicissitudini, si stabilì proprio a Shaolin Si ed il suo messaggio di un buddismo vivo e pratico, dove il “qui” ed “ora” prende primaria importanza al fine della percezione ultima delle cose, rinvigorì in Cina questa filosofia che era stata eccessivamente intellettualizzata, e tracciò la basi per la creazione, avvenuta più tardi, del buddismo Channa (Chan); in Sanscrito Dhyana (meditazione).
I monaci buddisti esperti di arti marziali (non solo di Shaolin) sono molto chiari e concisi riguardo al Wu Shu come espressione dello spirito del buddismo, definendo Chan Wu l’ azione marziale in coerenza con i loro principi filosofici.
Il Bodhisattva non può tollerare la sofferenza altrui.
Non può fare a meno di occuparsi degli altri.
Il suo spirito compassionevole lo porta ad intervenire in aiuto dei più deboli utilizzando, se necessario, la propria abilità marziale ed adeguandola alle varie situazioni.
Libero da qualsiasi artificio dell’egoismo, il suo aiuto è rivolto a tutti indiscriminatamente. Il coraggio scaturisce dalla purezza del suo cuore ed è sostenuto da un coscienzioso e continuo allenamento.
In un certo periodo storico i monaci di Shaolin dettero un’ interpratazione di carattere mistico alla pratica del loro Wu Shu, interpretandola, fra l’altro, come un supporto alla meditazione nello sviluppo di quell’ attenzione mentale: il “qui” ed “ora”; concetto essenziale ai fini del raggiungimento della percezione dell’ essenza di ogni essere e cosa.

Le Quattro Nobili Verità: la sofferenza è inseparabile dall’essere senziente – Desiderio ed attaccamento ne sono la causa – L’ estinzione della sofferenza è possibile – La Via che conduce alla sua estinzione.

Gli Otto Sentieri verso la liberazione: Corretta Visione, Corretto Pensiero, Corretto Parlare, Corretta Condotta, Corretta Attività, Corretto Zelo, Corretta Memoria e Corretta Meditazione.

Il Mahayana (Grande Veicolo) è una corrente del Buddismo alla quale Da Mo apparteneva.

Brano tratto dal capitolo 5 del libro: “KUNG FU” Henan Shaolin Quan.
Scritto da: Raffaele Bernabei – edito da: Roberto Marchionni Editore