Desidero condividere con allievi, amici e colleghi alcune riflessioni sull’argomento forme e loro applicazioni che mi sono state suggerite da un articolo comparso sul numero di  Marzo/Aprile 2002 della rivista americana “Kung fu/Qi gong” dal titolo “The big and the small” di Gene Ching e che ho integrato con la mia personale esperienza.
I Daolu, di qualsiasi stile si tratti, (anche se io parlerò dello Shaolin Quan che è quello che conosco meglio), hanno intessuto nella loro trama anche un lavoro sul Qi, ovverosia un lavoro energetico. Le stesse applicazioni marziali sono state appositamente ritagliate o modificate per favorire un corretto fluire dell’energia nei meridiani che, secondo la teoria della medicina tradizionale cinese, attraversano il corpo umano. Un semplice esempio può essere fatto sulla mano arretrata (chiamata nel Gong fu: Wu Shou-> mano della guerra, nel senso che è l’arto che sferra l’attacco più potente e decisivo essendo biomeccanicamente nella posizione per ottenere il massimo della forza dal movimento dell’ intero corpo). Di solito, durante la pratica delle forme la Wushou è posizionata al fianco o in generale in modo da aumentare l’equilibrio e creare una postura armoniosa. Tale bilanciamento è così esteticamente piacevole che spesso contribuisce a rendere il movimento generale del praticante simile ad una danza ben eseguita. Eppure dicevamo, ciò viene fatto per priorità energetiche:  in tal modo infatti l’intero corpo è in equilibrio, cosicchè il praticante può sfruttarne l’intero potenziale in termini di forza peso e controllarlo in ogni istante, sempre pronto a ridirigere la potenza sviluppata. Chiaramente se “il qi scorre liberamente ” il movimento è fluido ed armonico e quindi  anche esteticamente valido. Al contrario nell’applicazioine, la mano della guerra è posizionata nel modo più pratico possibile, così da massimizzare la libertà e la prontezza di movimento in attacco come in difesa. E’ meno bello da vedere ma è pratico. Il lavoro di utilizzo del corpo e delle energie sottili che lo percorrono fatto con il Daolu va ora trasferito nel combattimento reale dove l’efficacia e la sopravvivenza contano su tutto!
forma della posizione ban ma buE’ bene ricordare che lo Shaolin Wugong è principalmente un’arte di combattimento.
Ciò significa che non si può penetrare il senso del Gong fu di Shaolin senza avere coscienza della sua applicazione in combattimento.
Anche se si pratica per scopi energetici e sportivi infatti ciò rimane comunque necessario, poichè essendo Shaolin un’arte marziale, il suo Qi è un’energia marziale. Quando porto una tecnica di pugno, l’intenzione di colpire conduce il Qi dal Dan Tian inferiore lungo il tronco, la spalla, il braccio ed infine alla mano che colpisce. L’energia si è mossa correttamente ma seguendo un’intenzione marziale, non curativa, artistica o altro! Possiamo allora dire che la salute ed il benessere ottenibili con le arti marziali sono un sottoprodotto, poichè tale risultato sarà raggiunto con successo solamente se l’intenzione è quella corretta, ovvero conforme allo scopo per cui quei particolari movimenti sono stati creati.
Così conoscere e ricercare l’applicazione diventa fondamentale anche per poter canalizzare correttamente l’energia. Per sapere dove deve arrivare e con quale effetto. Ovvero nel fronteggiare un avversario in carne ed ossa, il movimento esterno può e deve cambiare rispetto alla forma ma il focus dell’energia rimane lo stesso. L’importante nell’eseguire un Daolu di Shaolin non è dunque l’angolo a cui tengo il palmo o eseguire un calcio frontale piuttosto che un laterale quanto saper esprimere il focus, l’obiettivo, per cui quella sequenza di movimenti è stata creata. Allora potrà cambiare leggermente il movimento esteriore ma non cambia minimamente l’intenzione nella mente del praticante. Volendo fare un altro esempio, possiamo prendere la tecnica gong bu tui zhang (spingere il palmo in posizione gong bu). Nel daolu il bordo del palmo è il punto focale esterno. Le dita sono ben tirate indietro per creare una forza isometrica nell’avambraccio che da al praticante una sensazione di forza in profondità nel palmo. Nell’applicazione invece, la posizione della mano può cambiare poichè il punto focale si sposta alla parte che effettivamente entra in contatto con l’avversario, che può essere il bordo, il centro del palmo come la punta delle dita. Rimane comunque importante nella forma, ottenere questa sensazione di forza, tramite il corretto posizionamento dei segmenti corporei interessati, poichè appunto, al contrario che nell’applicazione, manca il feedback fornito dal contatto reale.
Tirando le conclusioni dunque, sono fermamente convinto che l’unica via attraverso la quale la pratica delle forme possa apportare dei benefici reali in termini energetici e applicativi sia quella in cui si pratichi con una chiara intenzione marziale. Solo in tal modo i movimenti effettuati acquisteranno un senso preciso e si potrà raggiungere una consapevolezza più profonda del corpo a livello energetico e del suo utilizzo nell’autodifesa secondo i principi dello stile praticato.

Fabio Tarolli

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