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Modifichiamo l’esempio sopra riportato ai nostri scopi. Durante un combattimento fra due avversari, un atleta riconosce l’arrivo di un jab diretto al proprio volto sferrato dal contendente che lo fronteggia. In accordo con le conclusioni del nostro autore una volta riconosciuto lo stimolo il nostro atleta avrebbe svolto la parte più delicata del proprio compito. Ciò risulta senz’altro vero ma nel caso di una relazione di azioni  complesse come lo scambio di pugni fra due atleti è obbligatorio postulare alcune premesse e fare alcune considerazioni che risulteranno fondamentali anche ai fini del processo di allenamento.

Sferrare un pugno allo scopo che esso sia efficace, anzi il più efficace possibile tenuto conto delle caratteristiche fisiche di chi compie il movimento, è un’azione assai più complessa del premere un tasto.  In tale azione infatti il principale parametro di efficacia (azione svolta con successo) è la forza che deve essere applicata per vincere la resistenza offerta dal bottone ed eventualmente la traiettoria complessiva del gesto così come la rapidità dello stesso,  fondamentali nel determinare la velocità con cui lo scopo viene raggiunto. Per il pugno invece la tecnica che adottiamo è assai più decisiva in merito alla sua efficacia finale. Ciò che inerisce al come, nel nostro caso, ha dunque una certa importanza.

Oltre a ciò i modi in cui egli può rispondere allo stimolo riconosciuto, per attuare lo scopo prefisso (offendere senza essere offeso) sono molteplici, la rosa di opzioni è tanto maggiore quanto più egli è esperto (bagaglio motorio/tecnico più ampio). Conformemente a ciò dovrebbe operare, dopo il riconoscimento dello stimolo, una nuova scelta (nel campo delle risposte che gli sono possibili). Cosicché, paradossalmente, giacchè ciò avviene proprio in quanto egli è più esperto, la sua risposta risulta ulteriormente rallentata.

Ulteriore elemento di rallentamento è il carico di elementi ansiogeni operanti sul soggetto che rende i processi neuropsichici sottostanti l’azione più indecisi e quindi meno pronti.

Queste annotazioni sono di importanza capitale nella creazione di una gerarchia all’interno del processo di allenamento che voglia portare l’atleta a risolvere efficacemente questi problemi nel corso della performance.

Innanzitutto dunque: la tecnica. È necessario che l’azione con cui “premere il bottone”nel modo più proficuo possibile sia conosciuta dall’atleta in modo perfetto, tanto da poter essere eseguita, soddisfacendo tutti i parametri di efficacia, in modo del tutto inconsapevole. Pensare al “come” rallenta, cosicchè la tecnica dev’essere necessariamente interiorizzata tramite meccanismi di ripetizione consapevole. La fase in cui si riflette sul modo in cui sviluppare e raggiungere il massimo dell’effetto tramite il proprio movimento dev’essere stata dunque risolta precedentemente rispetto alla situazione in cui essa si esplica.
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